Welfare e contrattazione di secondo livello – Vantaggi e criticità
di Giacomo Pierozzi – www.gianostudionet.it
Dopo avere esaminato nel mio precedente contributo gli aspetti di cui tenere conto in ipotesi di introduzione del welfare mediante regolamento aziendale, analizziamo ora l’altra forma con cui il welfare può essere disciplinato; vale a dire attraverso la contrattazione di secondo livello.
Mentre si è detto che, nel caso del regolamento, è il datore di lavoro che di fatto si “autodisciplina”, dotandosi di regole criteri e condizioni, nel caso di contratto aziendale il datore ha davanti una “controparte” con la quale definire le regole.
Nell’ambito della contrattazione di secondo livello le considerazioni da fare sono tuttavia duplici dovendo astrattamente distinguere fra il welfare direttamente negoziato ed il welfare quale scelta opzionale su base individuale.
La prima ipotesi sotto il profilo operativo non presenterebbe particolari criticità; è da ritenersi consentito per via negoziale riconoscere forme di welfare indipendentemente a meno dal raggiungimento di obiettivi; in entrambe le ipotesi i vantaggi fiscali e contributivi legati a tali forme possono dirsi applicabili, sussistendo – come nell’ipotesi del regolamento – il requisito della cogenza.
Sono tuttavia casistiche poco ricorrenti per i seguenti motivi:
- con riguardo ad un welfare “a pioggia” non legato ad alcun tipo di premialità si riscontra una comprensibile ritrosia da parte del datore di lavoro, poco propenso a riconoscere vantaggi a tutti , ma al limite solo a certe categorie di lavoratori che si ritenga opportuno fidelizzare; per questa ragione il ricorso ad un contratto aziendale diverrebbe precluso non potendo il contratto di secondo livello escludere categorie di dipendenti dalla sua applicazione; conseguentemente il datore di lavoro dovrebbe giocoforza ricorrere ad un regolamento
- con riguardo invece ad un welfare direttamente connesso ad obiettivi si riscontra viceversa una certa ritrosia del sindacato che in prima battuta tende a negoziare salario, consentendo il welfare solo come scelta individuale.
Il caso più ricorrente di welfare introdotto da un contratto di secondo livello è dunque quello espresso come opzione individuale rispetto ad un elemento salariale conseguito sulla base di obiettivi.
Sotto il profilo fiscale, l’ipotesi viene disciplinata dalla Legge di Stabilità del 2016 (Legge 28 dicembre 2015 n.208) che mette in connessione il tema del welfare con quello della detassazione dei premi aziendali. La legge disciplina alcuni pre-requisiti e regole per consentire di fruire – sui premi introdotti dal contratto aziendale- della tassazione sostitutiva del 10% in luogo della tassazione ordinaria.
Riassumiamo per sommi capi:
a) i premi devono essere correlati ad uno o più obiettivi e parametri di redditività, produttività, efficienza incerti nella spettanza e/o variabili nella sua entità.
b) Il contratto di secondo livello deve essere depositato per via telematica ai sensi dell’art. 14 del D.Lgs 151/2015 entro un termine ordinatorio di 30 gg. A queste condizioni, che potremmo definire pre-requisiti, si aggiungono un paio di regole.
c) il valore conseguito in una dato anno o periodo di riferimento deve risultare incrementale rispetto al valore dell’anno o periodo di riferimento precedente sulla base di quanto indicato dal contratto stesso
d) In caso di premio articolato su più indici o parametri è sufficiente che il requisito di incrementalità si verifichi anche solo per uno di essi.
Ci sarebbero poi altri aspetti che si potrebbero focalizzare sul tema, ma ai nostri fini si limitiamo a questi. Basti sapere che, per i premi in denaro cosi determinati, è possibile prevedere contrattualmente la possibilità per il lavoratore di optare per una loro conversione sotto forma di servizi di welfare.
Proprio sotto questo aspetto registriamo un elemento di criticità della normativa, che la Circolare n.28/E/2016 dell’Agenzia delle Entrate chiarisce interpretando il disposto di cui all’art. 1 comma 184 delle Legge di Stabilità 2016.
Fermo restando che la possibilità di opzione debba essere espressamente prevista dal contratto di secondo livello, l’Agenzia delle Entrate rimarca il fatto che i beni e servizi di cui all’art. 51 commi 2 e 3 del TUIR debbano essere fruiti in sostituzione
delle somme di cui al comma 182 , ovvero dei premi soggetti ad imposta sostitutiva.
Vale pertanto il principio per cui è convertibile in welfare solo ciò che è detassabile. Si deve dedurre pertanto che, qualora in un determinato anno non si verifichi il requisito incrementale , l’eventuale premio variabile – comunque erogabile per
effetto delle regole stabilite dal contratto stesso – sarebbe per quel dato anno assoggettato a tassazione ordinaria; di conseguenza sarebbe preclusa la possibilità di conversione in welfare detassato, non essendo l’erogazione per quel dato anno
assoggettata ad imposta sostitutiva.
Tale incertezza potrebbe allora indurre le parti sociali – nei casi in cui si registri un forte interesse per il welfare da parte del lavoratori rappresentati – ad accettare una negoziazione diretta e non opzionale del welfare per quanto essa possa
astrattamente contrastare con la loro deontologia negoziale.
A questo proposito infatti l’Agenzia delle Entrate, sempre nella circolare citata, precisa che se “l’obbligazione del datore di lavoro ha ad oggetto fin dal suo nascere l’erogazione di beni e servizi e può essere adempiuta solo con tale modalità (..) in tal
caso i beni e servizi attribuiti ai lavoratori, anche a titolo premiale, non concorrono alla formazione del reddito da lavoro dipendente se rientrano nelle fattispecie esentative dei commi 2 e 3 dell’art.51 del TUIR “
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