Remunerazione a ore: ha ancora senso?
L’editoriale di Luigi Angelini
Ha ancora senso pagare i dipendenti a ore? Oppure è meglio coinvolgerli nell’andamento dell’Azienda dando loro degli obiettivi facilmente verificabili e delle metriche sulla base delle quali stabilire una remunerazione ?
La remunerazione a ore nasce nell’800 con le industrie, con la catena di montaggio che in un’ora fa uscire un numero sempre preciso di pezzi. Era una misurazione tutto sommato corretta al tempo perché a più ore corrispondevano più pezzi prodotti e quindi più fatturato.
Ma oggi è ancora così?
A me pare proprio di no: innanzitutto è ormai quasi impossibile, per la maggior parte dei lavori, distinguere tra orario lavorativo e orario non lavorativo. Abbiamo tutti un telefono cellulare e tante cose si fanno tranquillamente con un messaggio o una mail.
Ci siamo poi abituati a gestire le cose in maniera fluida, a lavorare da casa, in treno, in macchina. Il lavoro non coincide più solo con “l’ufficio”. Senza considerare che tutti gli studi ormai dimostrano che spesso a quantità di ore lavorate molto alte corrisponde una bassa produttività oraria. Si ha alta produttività quando si sta bene, si capisce per cosa si sta lavorando, si opera per il raggiungimento di un obiettivo comune e di uno personale. Quando al proprio sforzo corrisponde un riconoscimento.
Se è così quindi tanto vale, a mio modesto avviso, seguire un nuovo percorso, coinvolgere tutti i dipendenti nella strategia aziendale, far loro capire quando l’azienda guadagna e quando no. Dire cosa occorre fare per incrementare i profitti. Insomma, operare veramente come un gruppo unito. A questo punto ovviamente però bisogna coinvolgere tutti anche nella distribuzione di ciò che viene prodotto. Avere una contabilità trasparente, chiarire ad ognuno il suo ruolo specifico.
Infine, cosa non banale, far capire che due persone che lavorano lo stesso numero di ore non portano lo stesso valore al gruppo e alla propria società. Ci sono infatti persone che per bravura, per capacità di concentrarsi o, a volte, anche per eventi fortunati, possono portare di più e quindi a questi è giusto che sia riconosciuto qualcosa in aggiunta.
E’ la parte più complessa di chi ha l’onore e l’onere di coordinare o dirigere le aziende: saper individuare dei criteri chiari e oggettivi ma avere anche il coraggio di premiare il merito e non premiare o punire invece tutti indiscriminatamente
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